A Livorno nasce l'ambizioso progetto di azionariato popolare. Per non lasciare il futuro del club nelle mani di "personaggi senza arte né parte". Un altro calcio è davvero possibile
TMW/TuttoC.com
Aldo Spinelli, Silvio Aimo, Guido Presta. E poi Giorgio Heller, Rosettano Navarra e sicuramente qualche altro che al momento non ricordo. Senza scordare ovviamente Majd Yousif. Sono tanti i nomi di imprenditori che in questi mesi si sono susseguiti attorno, e dentro, al Livorno senza riuscire a far uscire la società labronica da una crisi finanziaria e sportiva che appare destinata - nonostante gli ultimi tentativi di immettere liquidità per evitare penalizzazioni, pagare giocatori, staff e dipendenti vari – al fallimento. Imprenditori che si sono approcciati al Livorno senza conoscerne la piazza, senza capire il rapporto fra squadra e tifosi, mostrandosi inadeguati alla guida oltre che assenti sul piano della programmazione.
E così, in uno dei momenti più bui nella storia del Livorno – e dire che di momenti bui non ne sono certo mancati nel corso di oltre 100 anni di storia –, dalle ceneri di una passione mai realmente spenta nasce un progetto ambizioso legato all’azionariato popolare e al calcio popolare. Il primo in Italia non ha mai sfondato, mentre all’estero è molto diffuso e anche vincente basti pensare che Barcellona, Real Madrid o Bayern Monaco hanno adottato questo modello e continuano a portarlo avanti impedendo che qualcuno (sia un imprenditore o un fondo d’investimento) possa avere la maggioranza assoluta e decidere senza dover rendere conto ai piccoli azionisti-tifosi. Un modello che, come detto, a grandi livelli in Italia non è mai riuscito, ma ha trovato terreno fertile in tante piccole realtà che hanno costruito dal basso – spesso allontanandosi dal grande calcio, nauseati da quel calcio moderno fatto di tv, orari indigesti, plusvalenze fasulle, giochini finanziari e restrizioni sempre più stringenti nei confronti degli ultras – tante piccole/grandi squadre di calcio popolare che disputano i tornei minori (dall’Eccellenza in giù) cercando di trasformare in realtà uno slogan di tanti anni fa come “un altro calcio è possibile”.
Ora il progetto dell’azionariato popolare prova ad alzare l’asticella. Anziché creare dal basso una squadra alternativa che possa aggregare i tanti tifosi del Livorno delusi dagli ultimi anni di gestione della società, il progetto Livorno_popolare punta ad acquistare il club per dargli un futuro diverso, dove non sia un solo uomo – o pochi uomini – a decidere le sorti della squadra e che, una volta stancatosi, la lasci morente. Ma un progetto che metta la comunità livornese al centro del progetto, che dia identità alla squadra e la leghi ancor di più al proprio territorio e alla propria gente. Una gestione collettiva, che permetta a tutti di partecipare ai progetti, alle strategie e alla crescita del club portando ad alti livelli un’idea di calcio che finora, anche per una legislazione carente, ha trovato piede solo nelle serie inferiori.
“Siamo stanchi che la nostra squadra sia diventato un terreno di conquista di personaggi senza arte né parte che arrivano a Livorno senza uno straccio di progetto e con discutibili capacità manageriali”, ha spiegato uno dei promotori dell’ambizioso progetto, Marco Bruciati. Parole da sottoscrivere e che sembrano aver fatto presa nella piazza livornese visto che in pochi giorni sono oltre 1200 le adesioni al progetto. Solo col passare dei mesi capiremo se questo tentativo di portare l’azionariato popolare nel calcio professionistico riuscirà o meno, se il calcio popolare riuscirà davvero a elevarsi a livelli forse solo sognati. L’auspicio è che il Livorno possa trovare serenità, stabilità e visione per il futuro. Se poi ci riuscirà grazie all’apporto di chi ha davvero a cuore le sorti del club anche meglio. Sarebbe un momento storico, che potrebbe dare un segnale a tutto il mondo del calcio.
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