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INTERVISTA TC - Grillo: "I tre gironi vanno organizzati in maniera equa"

di Raffaella Bon

Simone Grillo, dirigente della Triestina, ha parlato ai microfoni di TuttoC.com in merito ad alcuni temi attuali della Serie C.

Come è nato questo incarico da dirigente della Triestina?

“Già ero vicino al club, con Mauro Milanese abbiamo giocato insieme a Varese, Perugia e Triestina, ho sempre lavorato con lui. Poi dopo essere diventato responsabile del mercato della Beretti ora darò una mano a quello della prima squadra, perché con la lista a 22 messa all’improvviso è difficile, perché le società non hanno il tempo di organizzarsi. Era meglio programmarla per l’anno prossimo, perlomeno i club sarebbero stati pronti”.

Problema stadi chiusi: cosa ne pensi?

“Dipende dallo Stato, il Rocco ha una capienza importante: se uno sta con la mascherina a due posti di distanza, perché non aprirli? Vediamo sugli autobus com’è la situazione, come nei cinema e nei teatri. Non riaprire gli stadi significa tagliare le gambe a tante società, comprese quelle di Serie A. Il calcio è una macchina aziendale che deve ripartire al più presto”.

Questione gironi: la tua opinione?

“Secondo me è giusto suddividere i gironi in base alla squadre che vogliono fare minutaggio. I tre raggruppamenti vanno organizzati in maniera equa: non è il massimo vedere sette squadre competitive in un gruppo e due sole in un altro”.

Giovani: come farli esordire in C?

“Io ho fatto tanta C. A me nessuno ha mai regalato nulla e ho fatto 300 partite in terza serie. Esordire in C per un giovane in questo momento equivale ad un trampolino di lancio che lo mandi in Serie A. Io vedo più giovani interessanti in D da poter far crescere, perché è un campionato più vero. Io dico sì alle seconde squadre, perché i giovani hanno più possibilità di crescere”.

Quante voglia hai di cominciare?

“Tanta, anche se non ho mai smesso in realtà, perché da quando ho cominciato a fare questo mestiere ho cominciato ad aggiornarmi. Ora cerco  di aiutare la Triestina ad uscire da questa categoria, perché la società e questa piazza meritano altri palcoscenici.


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