ESCLUSIVA TLP - Mi ritorni in mente: Gigi Simoni

E' il 26 aprile 1998 e lo stadio "Delle Alpi" è stracolmo in ogni ordine di posto per la partita dell'anno. L'incontro tra Juventus e Inter può decidere le sorti del campionato 1997/98, con i bianconeri che arrivano allo scontro diretto con un punto di vantaggio sui nerazzurri dopo un'accesa lotta che potrebbe concludersi in questi novanta minuti. Arbitro il signor Piero Ceccarini di Livorno. Sulla panchina bianconera Marcello Lippi, su quella nerazzurra Luigi Simoni. Due modi diversi di intendere il calcio, ma stesso aplomb nel vivere i novanta minuti. Lippi con il suo immancabile sigaro, Simoni in stile british.
La Juventus nel primo tempo segna il gol che decide la partita con Alessandro Del Piero, ma il fattaccio - che ancora oggi viene ricordato da una sponda e dall'altra per motivi diametralmente opposti - arriva al 71'. Ronaldo entra in area e viene a contatto in maniera evidente con Mark Iuliano. Tutta la panchina dell'Inter si alza in attesa del fischio dell'arbitro. Niente. Per la giacchetta nera non era fallo da rigore. Anzi, Ceccarini si avvicina alla panchina dell'Inter ed espelle Simoni. Quest'ultimo abbandona il campo con parole che non avevano bisogno di nessun interprete e che nelle settimane successive hanno fatto il giro delle tv della penisola. "Si vergogni, si vergogni", grida il tecnico in preda ad una collera mai vista sul suo volto in tanti anni di calcio. Neanche il tempo di poter provare a smaltire la rabbia per quella decisione e sul capovolgimento di fronte, lo stesso Ceccarini assegna un rigore alla Juventus per un fallo su Del Piero. Apriti cielo.
E' l'apoteosi.
Pagliuca riesce a neutralizzare il tiro dal dischetto del fantasista bianconero, ma la prodezza non regala punti e alla fine della stagione lo scudetto finisce alla Juventus. Nei giorni successivi, visto il clima che si è creato, alcuni parlamentari arrivano a chiedere un'interrogazione sul caso.
In una carriera che ha superato i 50 anni di storia calcistica, quel 26 aprile 1998 rimane come il piatto forte di Gigi Simoni allenatore. Ma in quel caso c'è la reazione dell'uomo che prevale sul professionista. La rabbia di quel momento è l'apice della passione di chi ha vissuto e si è cibato di calcio.
Ancora oggi a 74 anni, il buon Gigi non è stanco: ha accettato l'offerta del Cavalier Arvedi e svolge la mansione di Direttore tecnico a Cremona. Quella Cremonese che ha allenato dal 1992 al 1996, arrivando a vincere un campionato, ad ottenere due salvezze e a conquistare una Coppa Anglo italiana nel maestoso palcoscenico di Wembley (3-1 al Derby County: Verdelli, Maspero e Tentoni i marcatori).
L'arrivo all'Inter è stato l'apice della sua carriera, fino a quel momento vissuta all'ombra del grande calcio, ma mietendo vittorie nelle società di provincia.
L'Inter è l'occasione di una vita. Tanti sacrifici e sembrava che il momento dell'arrivo in vetta per Simoni non arrivasse mai. Ci arriva a 58 anni e con le sue idee (è un teorico del 5-3-2 o in alternativa 4-4-2) riesce ad assemblare una squadra di fenomeni (Ronaldo, Zamorano, Zanetti, Fresi, Djorkaeff, Moriero), arrivando a vincere la Coppa Uefa nella finale tutta italiana contro la Lazio (3-0) allo stadio "Parco dei Principi" di Parigi. Una notte magica a coronare anni e anni di luci basse nel mondo pallonaro, per un allenatore gentiluomo che solo quel 26 aprile contro la Juventus dimenticò quell'etichetta che l'ha sempre accompagnato nella sua carriera.
Prima dell'Inter, tra le tante avventure vissute, quella che l'ha visto trionfare in due step a Pisa, rimarrà una delle sue tante chicche. E quando si parla della città della torre pendente, la mente va subito a Romeo Anconetani. Padre padrone del Pisa di quegli anni. Insieme a Costantino Rozzi (patron dell'Ascoli), un fautore di un calcio diverso e sempre pronto a dar battaglia per i colori nerazzurri che lui ha amato alla follia. Il presidentissimo vede in Simoni l'uomo giusto per provare a tornare in A e nel 1984 lo porta sulla panchina nerazzurra. L'allenatore lo ripaga con la vittoria del campionato 1984/85 (primo posto pari merito con il Lecce) ed il ritorno nella massima serie.
Sono anni importanti per il tecnico nato a Crevalcore, piccolo paesino nell'entroterra bolognese. Non si ferma mai per più di una stagione e dopo aver allenato la Lazio (1985/86), il richiamo di Anconetani è forte. Nel 1986/87 torna dal presidentissimo e vince ancora una volta il campionato, arrivando secondo dietro il Pescara del fenomeno emergente Giovanni Galeone. In quella squadra da annotare un paio di nomi: Daniele Bernazzani (attuale allenatore della Primavera dell'Inter) e Stefano Cuoghi (allenatore a Viareggio). Dopo queste esperienze, si siederà anche su panchine importanti, come quella del Napoli, del Torino e anche un'esperienza all'estero con il Cska Sofia (dove arriva terzo in campionato nel 2001/02).
Un Gigi Simoni che prima di diventare allenatore è stato un centrocampista che ha fatto il giramondo anche da calciatore: Mantova, Genoa, Torino, Juventus, Brescia, Napoli.
Il suo palmares da allenatore ha pochi eguali nel bel paese. Sette promozioni dalla B alla A: Genoa (due volte), Brescia, Pisa (due volte), Ancona, Cremonese. A questi va aggiunta la promozione con la Carrarese dalla C2 alla C1 (dopo che l'anno prima erano retrocessi).
Sarà Simoni il protagonista di questo 31° appuntamento con "Mi ritorni in mente". Con lui riscopriremo quel calcio genuino, quella sfera in bianco e nero, con le immagini rarefatte dal tempo, ma il cui fascino non si perde mai. La sua proverbiale gentilezza non si perde in questa chiacchierata che concede in esclusiva per TuttoLegaPro.com
Mister, partiamo subito con l'attualità. Il calcio italiano, quando la stagione sta per concludersi si ammala di "complottismo". Ovunque ci sono complotti e qualcuno sta tramando per farli contro questa o quella squadra. Lei cosa ne pensa?
"Per me il calcio è sempre stato pulito, magari per gli altri non è così, ma io ho sempre cercato di camminare in un solco di regole da rispettare".
Generalizzando possiamo dire che l'Italia in sé, in questi anni è divenuta un malato cronico da questo punto di vista.
"L'Italia è una cosa, Simoni un'altra. Rimanendo nel calcio, io ho vinto alcuni campionati all'ultima giornata e allo stesso tempo sono retrocesso negli ultimi novanta minuti. Ma non ho mai adombrato dubbi sulla regolarità dei campionati".
Parliamo di Gigi Simoni allenatore. Lei nella sua lunga carriera ha vinto otto campionati. C'è un ingrediente particolare per vincere così tanto?
"Non esistono ricette prestabilite. Penso che per vincere ci vogliano in primis buone squadre, a cui va unita una società e un pubblico che ti segue. Dev'essere un mix di questi fattori per riuscire in questa impresa. Quando un pezzo di questo mosaico viene a mancare, non sempre si raggiunge lo scopo prefissato".
Ci scusi se insistiamo, ma un segreto per essere un vincente ci dev'essere.
"Non penso di aver segreti. Almeno fino ad oggi non ne ho mai avuti (sorride, ndr). Ci vuole tanta abnegazione e impegno da parte dei giocatori e soprattutto ci vuole un comportamento esemplare e serio da parte di tutti i componenti della rosa".
Qual è il periodo giusto per vincere un campionato?
"Credo che il momento per vincere un campionato non sia tanto fare tanti punti all'inizio, ma arrivare al top della forma a due mesi dalla fine. Si figuri, io ho rischiato varie volte di essere esonerato per i risultati scarsi dei primi mesi".
Non sente mai il desiderio di lasciare?
"Ogni tanto ci penso e mi dico che è ora di pensare alla mia famiglia e fare il nonno. Poi dopo un mese, massimo due, qualcuno viene a "stuzzicarmi" e non so dire di no. Il calcio è una bella donna che ti seduce e difficilmente puoi dirle di no".
Simoni si concede delle brevi pause per raccogliere i pensieri tra una risposta e un'altra. Un modo gentile ed educato che ha sempre fatto parte dell'uomo Gigi Simoni.
Lei è un grande appassionato di ciclismo.
"Verissimo. E' uno sport che amo quanto il calcio".
Ci scusi la divagazione: lei era per Fausto Coppi o Gino Bartali?
"Coppi era più completo, ma io facevo il tifo per Bartali".
Lei conosce questa poesia che fu dedicata a Gino Bartali: "Cadono le rose, cadono le spine, ma il grande Gino non avrà mai fine".
"Eh come no! Accidenti, mi fate emozionare. Torno ragazzino nell'ascoltare queste parole ...".
Ed è vero. Per qualche istante Simoni si lascia andare all'emozione nell'ascoltare quella poesia.
C'è quell'immagine famosa del passaggio della borraccia e ancora oggi le persone con qualche capello bianco si dividono tra chi ha passato la borraccia a chi. Secondo lei è Coppi che la passa a Bartali o Bartali a Coppi?
"Eh, bisognerebbe chiederlo a loro, ma non è più possibile. Lei pensi che di questo evento abbiamo una gigantografia nella sede della Cremonese e voglio farmene fare una copia perchè è davvero molto bella e sembra quasi parlarti".
Coppi e Bartali hanno fatto parte della sua adolescenza, mentre poi arrivò il cannibale Eddie Merckx (ciclista belga che prese questo soprannome dalla sua voracità nel vincere ovunque fosse possibile).
"Merckx è un vero fuoriclasse di questo sport. Se vogliamo paragonarlo agli eroi del calcio, si può dire che Eddie è stato il Maradona o il Ronaldo delle due ruote su strada".
Quante analogie ci sono tra calcio e ciclismo?
"Non ne vedo molte. Il ciclismo vive sul protagonista assoluto, con i gregari che gli preparano il campo per la vittoria, mentre nel calcio se non sei bravo, il gruppo sopperisce alle tue mancanze. Inoltre il ciclismo è fatto per uomini di una certa tempra. Sei fuori tutto l'anno. Sacrificio e sudore sono le doti principali di uno sport completo. Senza dimenticare che si arriva a fare corse di 6-7 ore, mentre una partita di calcio dura novanta minuti ed è più la tensione prepartita che quella durante".
Dopo questo intermezzo calcio-ciclismo, parliamo del Pisa. Lei vive ancora nella città della torre pendente e ha vinto due campionati con i nerazzurri. Ed in tutte e due le circostanze c'era sempre Romeo Anconetani.
"Un uomo di altri tempi. Un personaggio difficile ma allo stesso tempo una gran persona, ricca di doti che magari in tv non apparivano, perchè era troppo impegnato a combattere per il suo Pisa. Ha fatto cose eccellenti per quei colori e nonostante non avesse i capitali delle grandi squadre, era un fine conoscitore di calcio. Non dimentichiamo che Simeone (detto "El cholo" ha giocato anche con Lazio e Inter) e Dunga (campione del mondo a Usa '94 in finale contro l'Italia) li ha portati lui".
Lei a novembre, in un'intervista al nostro portale, ci parlò di un rapporto di amore-odio tra lei e il presidente.
"Era un tipo esageratamente protagonista. Voleva far tutto lui: presidente, allenatore. Gli mancava il fisico, altrimenti avrebbe fatto anche il calciatore. Voleva che tutto andasse come voleva, ma non sempre si può".
Il Pisa è nei play off, quindi la domanda calza a pennello: in caso di promozione in B, le proponessero di allenare i nerazzurri per provare la scalata alla serie A?
"Allenatore basta. Ho già dato. Devo pensare alla salute adesso (sorride in maniera ironica, ndr)".
Lei è contento della sua carriera?
"Sì, molto! Mi sono divertito e ho vinto tanto. Mi manca uno scudetto. Questo è un grosso rammarico, ma nell'Inter ho vinto una Coppa Uefa e quel tricolore quell'anno non era così impossibile da vincere, ma va bene lo stesso".
Parliamo del calcio italiano in generale. Semifinali di Champions molto chiare: due spagnole e due tedesche. Cosa manca al nostro paese per tornare a primeggiare in Europa?
"Abbiamo ecceduto nel prendere giocatori stranieri, accantonando i nostri vivai. In questo modo molti giovani che potevano venir fuori si son trovati la strada chiusa. Adesso con la nazionale di Cesare Prandelli qualcosa sta venendo fuori, ma è un lavoro che va programmato in modo certosino. I risultati non arrivano subito, ma sono fiducioso".
In queste ultime settimane si è parlato di effettuare la sosta del campionato, come avviene da qualche anno in Germania, quando si fermano per più di un mese nel periodo invernale più rigido.
"Non è così campata per aria come idea. Così su due piedi le potrei dire che si può provare. A dicembre e gennaio ci sono campi che con il freddo e le gelate si rovinano e anche lo spettacolo ne risente".
Ha mai pensato di fare un libro per raccontare le sue esperienze nel mondo del calcio. Potrebbero essere utili per tanti giovani allenatori.
"Non credo che un allenatore se è bravo, abbia bisogno dei miei consigli. Ognuno deve far uscire fuori le sue qualità e lavorare con i suoi metodi".
Per concludere: ci pensa ancora al contatto Ronaldo-Iuliano?
"Mah, io non ci penso da un pezzo. Siete voi che continuate a ricordarmelo, a dimostrazione che era qualcosa di eclatante, ma ormai è acqua passata".
Prossimo appuntamento con "Mi ritorni in mente" per domenica 26 maggio.