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Rimini e Triestina, lezioni di dignità: il calcio vero oltre le penalizzazioni

di Luca Bargellini

Al di là delle classifiche e dei numeri, ci sono stagioni che raccontano qualcosa di più profondo del semplice risultato. È il caso di Triestina e Rimini, due squadre che stanno giocando molto più di un campionato: stanno difendendo un’idea di calcio fatta di professionalità, orgoglio e appartenenza, anche quando tutto intorno vacilla.

Entrambe hanno pagato, e stanno pagando, colpe non loro. Venti punti di penalizzazione per la Triestina, dodici per il Rimini: sanzioni pesantissime, figlie di errori societari e gestioni discutibili che nulla hanno a che vedere con chi scende ogni settimana in campo. Eppure, dentro quelle penalità, i giocatori e gli allenatori (Geppino Marino e Filippo D’Alesio) hanno trovato la forza per reagire, per trasformare l’ingiustizia in carburante.

I numeri, in questo senso, parlano chiaro. Senza penalità, gli alabardati sarebbero a quota 13 punti, in piena zona playoff, fianco a fianco con la Pro Vercelli. I romagnoli, invece, si troverebbero sopra la linea dei playout, a distanza contenuta dalle posizioni nobili. Ma più dei numeri conta il messaggio: la risposta del campo, limpida e ostinata, che ribadisce come il calcio appartenga ancora a chi lo gioca con serietà, non a chi lo gestisce con leggerezza.

In un mondo dove spesso i protagonisti veri vengono travolti dagli errori altrui, Rimini e Triestina stanno ricordando a tutti che la dignità sportiva non si penalizza. Allenatori e calciatori stanno scrivendo un racconto di resistenza, di coerenza, di passione per la maglia e per il mestiere.

E allora, a prescindere da come finirà la stagione, sarà giusto e doveroso rendere loro merito. Perché non sempre la classifica dice tutto: a volte, la vittoria più grande è continuare a crederci quando il mondo intorno ti chiede di arrenderti.


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