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Quando non cambiare allenatore è la cosa giusta. Trapani, e ora? Quegli aiuti al cinema…

di Ivan Cardia

Cambia che ti passa? Non per forza, anzi. Se, come ha raccontato Sebastian Donzella in settimana, la Serie C viaggia - in media - al ritorno di un esonero a giornata, il rovescio della medaglia è che spesso questa tendenza non dà grandi frutti. Statisticamente (consiglio: “Rigore di testa”, di Malvaldi e Cintia), le squadre che cambiano allenatore tendono, sul medio-lungo periodo, a riprendere la marcia precedente all’avvicendamento. Il girone C però offre anche due esempi pratici: Audace Cerignola e Potenza. In entrambi i casi, sebbene in momenti diversi della stagione, Maiuri e De Giorgio sono stati in discussione. In entrambi i casi chi aveva costruito le squadre, cioè i rispettivi direttori sportivi (Di Toro e De Vito), ha sostenuto la necessità di andare avanti con il tecnico, e in entrambi i casi - per quanto a Potenza sia paradossalmente arrivato l’esonero del ds, che non va certo in campo - il trend di risultati è tornato a migliorare, con strisce positive e una classifica positiva per entrambe.

La morale della favola, come sempre, è più ampia. In un calcio che parla di progettualità e sostenibilità, ma al primo colpo di testa (del presidente di turno) butta giù il castello, quella che gli inglesi chiamano “consistency”, cioè la coerenza di andare avanti con il proprio programma anche oltre la prima minima difficoltà, pare suonare come una parola eretica. Nella consapevolezza che si tratti di un concetto detto e ridetto: la riforma (che non arriva) servirà pure, ma o si riparte da qui o non si va da nessuna parte.

Valerio Antonini esonda sui social e rimette la società nelle mani del sindaco. Da lontano - nel senso che, ci pare di capire, i problemi principali li ha con la piazza e non vivendola ne sappiamo fino a un certo punto - ci pare che il presidente del Trapani sappia fare sport meglio di altri, ma abbia anche un temperamento che lo porti spesso a complicarsi la vita. E che qualche stortura ci sia, altrimenti non prendi penalizzazioni (sebbene nel calcio ci sia un moltiplicatore folle, su cui peraltro la Lega Pro ha chiesto giustamente una revisione) in due sport diversi. Sta di fatto che su un punto ha (purtroppo) ragione: al Sud è più difficile che altrove. E questo è un grosso gap che il calcio e lo sport in generale si portano dietro da un sistema Paese che non è certo avulso dai suoi campionati. Quanto al futuro, ci auguriamo sia il classico coup de theatre.

Chiosa rapidissima su una vicenda di cronaca che tocca il calcio, ma su cui è ancora troppo presto per esporsi con certezze granitiche, ovvero le indagini su finanziamenti sospetti ad alcuni club calcistici, tra cui alcune società di Serie C. Intanto darebbero una spiegazione ad alcune aporie estive. In seconda battuta si torna lì: è un Paese che, dove trova la legge, cerca l’inganno. Terzo: al netto della eventuale illiceità delle condotte su cui indagano i pm, ma perché diamine il cinema ha finanziamenti pubblici e ha avuto aiuti dopo la pandemia, e il calcio no?


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