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Ognuno per la sua strada: così il calcio italiano risponde alla quarta ondata della pandemia. Solo la Lega Pro sceglie il buonsenso

di Marco Pieracci

Col campionato fermo per almeno altre due settimane, in attesa di capire l'evoluzione della situazione ed un calciomercato che deve ancora entrare nel vivo è inevitabile soffermarsi su quanto accaduto in questi ultimi giorni nei quali il calcio italiano per l'ennesima volta non ha dato una bella immagine di sé al mondo esterno. Eppure, fino ad un paio di mesi fa si incensava e ci si compiaceva per il nostro modello ritenuto all’avanguardia, in virtù di misure più efficaci rispetto a Paesi come Germana e Inghilterra, già alle prese con la quarta ondata. Così facendo si è perso di vista la realtà incappando in un madornale errore di sottovalutazione, ci si è illusi di aver risolto tutti i problemi col green pass e che questa si fermasse magicamente prima di varcare i nostri confini. Si è dilapidato il vantaggio temporale acquisito in virtù della campagna vaccinale, facendosi trovare colpevolmente impreparati quando il nemico invisibile si è ripresentato alla porta, ammesso che se ne fosse mai andato. C’era tutto il tempo per organizzare un piano B, prevedendo anche la possibilità di uno scenario peggiore. Non si trattava di essere pessimisti, ma realisti.

La risposta è stata tardiva e soprattutto confusionaria come dimostra lo stucchevole e a tratti grottesco rimbalzo di competenze e decisioni tra le ASL di turno e Lega Serie A, uno spaccato abbastanza fedele della logica che continua a tenere separate, anzichè unite le leghe professionistiche, da sempre abituate a ragionare per compartimenti stagni invece di fare fronte comune. Nemmeno l’emergenza riesce a far passare in secondo piano gli interessi personali. Ognuno ha tirato dritto per la sua strada, preferendo coltivare il suo orticello, infischiandosene della regolarità del campionato e tanto meno della salute dei calciatori. Con queste premesse come si può pensare di mettere in piedi una riforma condivisa? E in effetti, al di là degli spot elettorali e delle apprezzabili dichiarazioni di intenti, di passare dalle parole ai fatti non se ne parla.

Ecco, in tutto questo caos un barlume di lucidità è arrivato dalla Lega Pro, la meno influente e più bistrattata delle altre che ancora una volta è riuscita a fare una figura migliore. Se la Lega B ha prima cercato in tutti i modi di proseguire, salvo poi arrendersi di fronte al dilagare dei contagi al piano di sotto si è scelto di intraprendere la via probabilmente meno conveniente ma più responsabile, rinviando con largo anticipo le due giornate in programma. Sì, ma in Serie C non ci sono le pressioni da parte delle televisioni e il giro economico non è minimamente paragonabile a quello dei campionati superiori. E' la facile obiezione mossa da molti, per certi versi incontestabile, ma in alcuni casi bisognerebbe avere la forza di spingersi oltre e da questo punto di vista il piano d'azione è stato coerente da quando la pandemia è cominciata due anni fa.


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