Marani candidato unico, la Lega Pro si conferma l'unica solida. Avellino, la Pazienza è finita ma così si rischia
Tutto come da previsioni, le elezioni in Lega Pro si terranno e si voterà, ma il risultato sarà scontato. C'era tempo fino alle 20 di ieri perché gli aspiranti sfidanti presentassero una candidatura opposta a quella del presidente uscente - e a questo punto anche rientrante - Matteo Marani. Risultato: nessuno correrà per sfidarlo, la riconferma è da considerarsi certa. L'unica curiosità sarà legata al numero di voti a favore, ma anche in questo caso ipotizziamo che, se proprio non si arriverà ai 57 disponibili, appena sotto.
Tutto come da previsioni, del resto ne avevamo scritto più volte nelle ultime settimane e lo rimarchiamo non per sottolineare una presunta bravura, ma perché il quadro è abbastanza delineato. La riconferma, peraltro fisiologica dato che il primo mandato è partito a metà, premia l'ottimo lavoro portato avanti in questi anni e il clima di grandissima unità. Rara negli ultimi anni e rara, per quanto riguarda le altre componenti, nel presente.
Perché giova ripeterlo: la Lega Pro è l'unica solida in questa delicata fase di politica calcistica. In A e B piovono o pioveranno coltelli: per Marani vuol dire, crediamo lo sappia benissimo, onori e oneri. All'investitura plebiscitaria corrisponderà anche la responsabilità di far valere le istanze della Lega nel prossimo processo statutario. A proposito, domanda malizioso: il 4 novembre è in programma l'assemblea statutaria della FIGC. Per modificarlo, lo statuto, serve una proposta. Qualcuno l'ha presentata? Ci risulta di no, e vuol dire essere in alto mare.
Dal Palazzo al campo, naufraga l'Avellino che in un colpo solo silura Pazienza e Perinetti. Si riparte da zero, e per carità ogni decisione è legittima. Ma qui si sta giocando col fuoco. Cambiare allenatore era diventato inevitabile: possiamo far notare che metterlo in discussione sin dalla prima giornata e costringerlo ad allenare con una spada di Damocle sulla testa non abbia aiutato. Cambiare dirigenti come Perinetti e Condò si può, per carità: non crediamo cambierà la stagione dell'Avellino, in meglio, ma si può. Il punto è che Avellino - piazza bella e che meriterebbe altri palcoscenici, ma in C e da nessuna parte la piazza non basta a vincere - negli ultimi anni ha fagocitato tutto quello che gli è passato per le mani. E non si parla degli ultimi scappati di casa ma, senza fare nomi per non dimenticare nessuno, di dirigenti e allenatori che hanno avuto una carriera prima e l'hanno avuta o l'avranno anche dopo. Forse il problema non è quello.