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La crisi senza fine della Triestina, come si è arrivati a questo punto? Da brutto anatroccolo a cigno: la clamorosa metamorfosi dell'Avellino

di Marco Pieracci

Proviamo a parlare di pallone, anche se non è facile dopo il tragico incidente stradale di domenica sera nel quale hanno perso la vite tre giovani tifosi del Foggia di ritorno dalla trasferta di Potenza. Una tremenda fatalità che ci lascia un profondo senso di tristezza. La primi mini fuga del campionato la piazza il Padova, nell’unico girone dagli equilibri già ben definiti nelle posizioni di vertice. La brutta storia della condanna (in primo grado) di Liguori ha minato la serenità generale, senza intaccare tuttavia la marcia da rullo compressore della banda di Andreoletti schizzata a +7 sul Vicenza, la rivale più credibile e forse anche la sola in grado di insidiarle il primato, grazie all’ottava vittoria in nove giornate. Sempre più in caduta libera invece la Triestina infilatasi da mesi in una spirale negativa della quale si fatica a intravedere la via d’uscita.

E qui apriamo una lunga parentesi: a distanza di otto mesi pare ormai evidente che la decisione di allontanare un tecnico come Attilio Tesser, figura di garanzia per la piazza e secondo in classifica al momento dell’esonero dietro soltanto al Luna Park Mantova targato Possanzini si è rivelato un vero e proprio boomerang, nonché una scelta aziendale totalmente sbagliata. Al pari di quella dei sostituti, Bordin prima e Santoni poi, che a onor del vero in tutta questa vicenda sono probabilmente quelli con le responsabilità minori. L’impressione è che la decisione di andare avanti con la soluzione interna Marino-Ciofani sia figlia più che altro dell’esigenza di dare un freno alle spese perché mettere sotto contratto un quarto allenatore sarebbe uno sforzo ulteriore difficile da sostenere. Di soldi nel progetto ne sono stati pompati tanti, forse fin troppi, il problema è che sono stati spesi male. Il perdurante silenzio della proprietà americana in questa fase delicata non aiuta aggiungendo un alone di mistero a un quadro già di per sè abbastanza confuso e alimenta semmai il chiacchiericcio su una possibile exit strategy, non ancora suffragata da fatti concreti. Ora il rischio maggiore è il disinteresse della gente, stufa di ingoiare bocconi amari come accade ormai dal doloroso spareggio per la B perso nel 2019, il punto più alto della precedente gestione, ma almeno per il momento ancora incapace di rassegnarsi a una stagione vissuta nei bassifondi con lo spettro poco rassicurante della retrocessione.

Chi invece si è rialzato e lo ha fatto con forza è l’Avellino, trasformatosi improvvisamente da brutto anatroccolo in cigno: dopo il pareggio con la Turris per rompere il ghiaccio sono arrivate tre vittorie di fila con 11 gol fatti e uno subito. Quattro partite sono poche per parlare di rinascita e sbilanciarsi in giudizi definitivi eppure è bastato dare un taglio drastico con il passato, azzerando i quadri dirigenziali e tecnici per far rifiorire una squadra dai valori unanimemente riconosciuti. La prova provata che si può discutere quanto si vuole ma in fondo sono sempre e soltanto i calciatori a decidere il destino di chi sta sopra di loro gerarchicamente. Pur riconoscendo i meriti di Biancolino, abile a muoversi in un ambiente familiare, viene naturale domandarsi come si possa passare nel giro di pochi giorni dalle inguardabili prestazioni sotto la guida di Pazienza alle ultime sfolgoranti uscite. Misteri del calcio.


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