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L'elezione non è bella se non è litigarella: la Lega Pro ha un'arma in più

di Ivan Cardia

Il clima attorno al presidente federale Gravina, che ieri è intervenuto sull'inchiesta di Perugia, è carico da diverso tempo. Nelle ultime settimane si accendono schermaglie sia in Lega A che in Lega B, quest'ultima la prima a presentarsi alle elezioni. Facciamo un passo in avanti: sta iniziando - in verità siamo già in piena campagna elettorale - il lungo periodo in cui si deciderà il futuro presidente della Federcalcio, e quindi l'indirizzo del calcio italiano nei prossimi anni. Le tappe sono, per ora, chiare: il 4 novembre l'assemblea per la modifica dello statuto, a inizio 2025 le elezioni. Prima, però, tutte le componenti dovranno rinnovare le rispettive cariche.

La prima a farlo, appunto, sarà, a meno di sorprese, la Serie B. E già volano stracci: il presidente Balata, che ha gestito benissimo il Covid e il post pandemia, ma decisamente meno bene gli ultimi mesi - la spina più fastidiosa è il crollo dei ricavi da diritti TV - è messo in discussione anche per le tempistiche dell'assembla elettiva. Convocata di gran carriera, tanto da rendere quasi certa la rielezione. Ci sono due sfidanti, Dossena e Veltroni (non Walter): quanto siano credibili come competitor lo si scoprirà davvero giovedì 12 settembre. A patto che ci si arrivi, perché la morsa del commissariamento è uno spettro che si aggira, nei corridoi della politica e del calcio.

In Lega Serie A, la posizione del presidente Casini è da decifrare: non è scontato si ricandidi, nel caso avrebbe il sostegno di Lotito e De Laurentiis. Ma non quello delle big tradizionali - Inter, Juventus e Milan più la Roma - che si sono messe di traverso da diversi mesi a questa parte. Circolano già indiscrezioni in merito a potenziali sfidanti, il tema è che proprio i nomi sono l'ultimo argomento davvero rilevante, i fronti restano. Che il prossimo presidente si chiami Casini, Zazzaroni, Tizio o Caio, la Lega calcio arriva comunque spaccata in due all'appuntamento.

E qui sta la forza, potenziale ma da tradurre in atto, della Lega Pro. L'unica, al momento, con una leadership consolidata. Premessa: in una situazione di politica sportiva così caotica, con una partita a scacchi - verrebbe da dire a dama, visto che il livello non è sempre altissimo - talmente aperta, può succedere di tutto. Il 2 ottobre, però, la terza serie eleggerà il proprio nuovo presidente: si può sempre fare meglio, ma a oggi non vi sono ragioni, né risultato particolari movimenti sotto traccia, per le quali si dovrebbe andare in una direzione diversa dalla continuità nella leadership di Matteo Marani.

Presentarsi al tavolo federale come l'unica lega compatta, con un presidente "nuovo" e non eletto in un clima di divisioni interne, è la vera forza in più - l'unica, oltre ai risultati raggiunti negli anni, ma quelli si sa non sempre vengono considerati - di una lega che ha come missione di ribadire la propria importanza all'interno del sistema calcistico italiano. Perché, se da un lato ha senso ritoccare regole anacronistiche e attribuire più peso alla Serie A, il traino del sistema; dall'altro non si possono sottovalutare e rinnegare le radici del sistema. Nessuno, coniugando professionalità e rappresentanza del territorio, le esprime come la Lega Pro.


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