Il fatto della settimana - Calcio femminile: la svolta. Via al professionismo: stipendi minimi e tetti salariali ispirati alla Lega Pro
Non vogliamo farvi storcere il naso proponendo un argomento all'apparenza non immediatamente inerente alla nostra Serie C, ma la decisione del Consiglio Federale tenutosi martedì 26 aprile è di quelle epocali e non possono passare sotto silenzio, neppure qui: il Consiglio ha infatti completato le modifiche normative con riferimento al passaggio al professionismo per la Serie A femminile a partire dalla prossima stagione sportiva, la 2022/23.
“Oggi è una giornata importante – ha confermato Gabriele Gravina, presidente federale, ricordando i 18 milioni erogati negli ultimi tre anni dalla FIGC alla Divisione Calcio Femminile – finalmente ci sono le norme che disciplinano l’attività e l’esercizio del professionismo del calcio femminile. Siamo la prima federazione in Italia ad attuare questo importante percorso” che inizierà il prossimo 1° luglio. Da quel giorno le calciatrici abbandoneranno lo status di dilettanti e diventeranno professioniste.
Non ci saranno più rimborsi o accordi privati, ma saranno previsti contratti veri e propri con compensi adeguati (e qui si aprirà la parentesi sulla inevitabile differenza tra questi e quelli dei colleghi dell'altro sesso), il versamento dei contributi previdenziali e tutte le tutele di tipo legale, sanitario (la maternità!), assicurativo. "Con questo Consiglio Federale abbiamo aggiunto un ulteriore tassello al nostro percorso di crescita - è stato il commento di Ludovica Mantovani, presidente della Divisione Calcio Femminile della Figc – personalmente lo vivo come un punto di partenza, atteso e necessario, che ci spinge a lavorare con grandissimo impegno per raggiungere e garantire nel tempo la sostenibilità di tutto il sistema".
Ha espresso la sua soddisfazione la sottosegretaria allo sport Valentina Vezzali: "Grande conquista. Ora tutti insieme al lavoro per trovare le risorse adeguate". Per Umberto Calcagno, presidente dell'AIC, si è trattato - come già evidenziato in apertura - di una "svolta epocale".
Nella prossima stagione, quindi, la Serie A femminile avrà un nuovo format: 10 squadre (per un totale di 18 giornate) e una seconda fase con due gironi fatta di pool scudetto (cui accedono le prime 5) e pool salvezza (in gioco le squadre dal 6° al 10° posto, l'ultima retrocede e la penultima fa il playout con la 2a della Serie B).
All'estero questo passaggio era già stato fatto, a partire dagli Stati Uniti, i pionieri - già nel 2001, quindi 21 anni fa - nella creazione di una lega che riconoscesse alle calciatrici dei diritti, elevandole al di sopra dello status di dilettanti. Quindi l'Australia, dove dal 2008 le calciatrici siglano contratti da professioniste. Anche nel resto d’Europa i maggiori campionati sono tutti professionistici: dall'Inghilterra alla Spagna, dalla Francia alla Germania.
Non si capisce quindi perché l'Italia ci abbia messo così tanto ad accorgersi del movimento, che ha comunque acquistato popolarità negli ultimi anni grazie al raggiungimento da parte della Nazionale maggiore dei quarti di finale ai Mondiali del 2019 (stesso risultato, il migliore mai conquistato dalle azzurre, del 1991. L'ultima partecipazione avvenne invece nel 1999 dove però venne eliminata al primo turno). A livello europeo sono invece state fatte registrare 11 partecipazioni al campionato europeo, con due secondi posti (nel 1993 e nel 1997).
Ah, e se in chiusura vogliamo proprio trovare un trait d'union con la Serie C sottolineiamo che i contratti di cui avranno ora diritto le calciatrici della Serie A italiana saranno caratterizzati dal minimo salariale dei calciatori della terza serie: 26.664 euro lordi dal 24° anno di età, 20.263 euro dal 19° al 23° anno e 14.397 dai 16 ai 19 anni.