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Caldiero Terme, Soave: "Campionato terribile, ci siamo calati velocemente"

di Marco Pieracci

Cristian Soave, tecnico della rivelazione Caldiero Terme (9 punti nelle prime 4 giornate di campionato), si racconta in una lunga intervista uscita questa mattina sulle colonne del Corriere del Veneto.

Soave, finora tutti i vostri gol sono segnati da ragazzi al battesimo tra i professionisti: Cazzadori, Marras, Furini, Mondini, Fasan. È una buona fotografia del Caldiero?
"Sì, specie il fatto che cinque gol su otto arrivino dai classe 2004. Io penso che a vent’anni uno debba levarsi l’etichetta di giovane. A quell’età sei calciatore, non più un bambino".

Un pensiero ancora troppo minoritario in Italia?
"Sì, difatti non stupiamoci se la Nazionale ha smesso di vincere. L’altro giorno guardavo l’Empoli e pensavo che un attaccante come Colombo al Milan fa la terza punta. Il tarlo dell’esperienza è figlio di un calcio senza pazienza, dove due sconfitte ti costano il posto".

Lei invece che rapporto ha con quel tarlo?
"Quindici anni in panchina mi hanno insegnato a essere un po’ più aperto e coraggioso. Perdere contro chi utilizza 6 giovani su 11 ti aiuta a riflettere. Al Caldiero, dove la linea giovane è una volontà/necessità, c’è il giusto mix. Il ds Fabio Brutti mi ha dato ragazzi forti ma abbiamo anche 3-4 veterani che sanno quando bacchettarli e quando rincuorarli: senza di loro non crescerebbero così bene".

Nel nuovo corso azzurro ci sono due veneti, il veronese Udogie, titolare al Tottenham, e il padovano Fabbian del Bologna: come li vede?
"Bene. E Fabbian nell’amichevole estiva contro il Bologna mi ha folgorato. Una mezzala con passo, qualità tecniche, sa riempire l’area e fare gol, sebbene poi il problema della Nazionale non siano le mezzali ma la poca qualità offensiva. Da interista sono anche un po’ arrabbiato: uno così devi tenerlo. Sono curioso di vedere dove sarà tra un paio d’anni…".

Lei da giovane dov’era?
"Nel vivaio di un ottimo Brescia che aveva Hagi, Volpi, Raducioiu, Bonazzoli e i gemelli Filippini, con cui mi sento tuttora. Da attaccante della Primavera, l’ultimo anno, salivo ad allenarmi con loro. C’era Pirlo, al quale mi lega la storia più bella".

Cioè?
"A 36 anni, poco dopo aver smesso di giocare, andai a vedere un Milan-Genoa a San Siro, ospite in tribuna. Nei sotterranei, prima di risalire in macchina, un amico mi chiese: perché non provi a salutare Pirlo? Figurati se si ricorda, pensavo. Quando mi vide fu lui ad avvicinarsi e a dirmi “ciao bomber”. Parliamo di uno che aveva già vinto Champions e Mondiale. Grande lezione di umiltà".

Che bomber era, Soave?
"Un attaccante-boa. Oggi i “pennelloni” sono sempre meno e anche i più esili si adattano a punta centrale. Il mandato del gol non è cambiato ma serve molto più ripiegamento difensivo".

Al Caldiero esordite tra i «pro» lei, il club e tanti giocatori: c’è un senso di unione più forte?
"Probabilmente l’entusiasmo fa sì che ci contagiamo tutti a vicenda. Sono un allenatore cresciuto senza scorciatoie, a differenza di qualche collega con il “nome”, e anch’io ho la fame di chi vuole dimostrare di meritarsi la categoria. Questa partenza un po’ stupisce anche me".

Tre vittorie in quattro gare che cosa significano?
"Ci siamo calati velocemente in un campionato terribile, devi sempre rimanere dentro la partita anche quando pensi che il risultato sia scappato. Crediamo in un calcio dove tutti attaccano e difendono. Diamo il 100% per essere all’altezza".

Violare il campo della Triestina che effetto fa?
"Vincere al Rocco, per una squadra che andava in trasferta a Belfiore, è un’emozione indelebile. Uno stadio splendido, senza barriere tra tifosi e campo. Da veronese che ogni tanto va al Bentegodi mi dicevo: pensa se l’Hellas avesse uno stadio così".

Se le offrissero uno «stage» quale allenatore studierebbe da vicino?
"Mi piace giocare ma non sono un maniaco della costruzione dal basso, quindi non andrei da Guardiola. M’incuriosisce la gestione delle risorse umane, quindi direi Simone Inzaghi. Lui nell’ultimo biennio ha alzato l’asticella evolvendo anche il proprio gioco: non il classico 3-5-2 posizionale ma un sistema di grandi movimenti e ricerca dello spazio. È il calcio in cui credo anche io".

Soave, lei fino all’anno scorso in D faceva il netturbino, dalle 3 alle 10 di mattina, poi andava al campo. Continua a lavorare anche adesso che allena in C?
"Sì, ho concordato un part-time. Lavoro tre giorni fino alle 9 del mercoledì, poi mi dedico al calcio. La speranza un domani è poter fare l’allenatore a 360 gradi".


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