.

Dalla B col grande Milan, alla A con la piccola Ancona: Massimo Gadda

di Gianmarco Minossi

Ogni favola ha un suo protagonista: quella di Massimo Gadda con l'Ancona nei primi anni novanta, merita di essere raccontata in maniera approfondita per come si è sviluppata. Sotto il Guasco, il centrocampista di Legnano collezionò 249 presenze in campionato (che ne fanno il secondo giocatore più presente nella storia del club dopo Natalino Miserocchi, avanti di sole tre lunghezze), condite da 4 reti. Divenuto icona del club del capoluogo, fu tra gli artefici della squadra che centrò la prima promozione in Serie A nel 1992: ma a questo ci arriveremo più avanti. È lui l'ospite del Club dei 100, il longform di TuttoC in collaborazione con Lega Pro e AIC.

Gli esordi al Milan e la B coi rossoneri. Cresciuto nel vivaio del Roncalli Legnano, all'età di 13 anni Gadda viene tesserato dal Milan, con cui compie una trafila di cinque anni nel settore giovanile, prima di esordire tra i grandi a 18 anni in Serie A. È il Milan, per intenderci, che si porta ancora dietro le scorie per la retrocessione d'ufficio in Serie B, avvenuta in seguito allo scandalo del calcioscommesse che nell'estate del 1980 paralizza il sistema calcistico italiano. I rossoneri risalgono prontamente, ma il ritorno in massima serie è traumatico: la squadra retrocede subito in cadetteria, anche se Gadda avrà modo di togliersi le sue piccole grandi soddisfazioni, come il primo gol in Serie A e l'esordio in Mitropa Cup sul campo del Viktovice: "Sono andato al Milan che avevo 13 anni, facendo poi il percorso nel settore giovanile. La mia sfortuna è stata quella di vivere probabilmente gli anni più difficili di quella società, anche se parliamo sempre del Milan. Nel settore giovanile ho avuto grandi maestri, come Fabio Capello e Italo Galbiati: è stata un'ottima palestra di vita, non solo calcistica. Ho giocato in Serie B e in Serie A: non ho rimpianti, nella mia carriera da calciatore ho ottenuto il massimo. Il Milan è stata un'esperienza bellissima, oltretutto nella squadra di cui era tifoso mio padre".

I due anni alla Reggiana. Il giovane Massimo è però ritenuto ancora acerbo per un palcoscenico come la Serie A: così, viene mandato in prestito alla Reggiana, allora militante in Serie C1. Un biennio proficuo, che a Gadda è rimasto nel cuore: "Ho ricordi bellissimi, ero molto giovane, Reggio era una piazza importante e retrocessa dalla Serie B. Allora non c'erano le regole degli under che ci sono oggi, quindi giocavano solo i giovani bravi: io ho avuto compagni di squadra come Giovanni Invernizzi, Roberto Bosco e Stefano Paraluppi, che hanno fatto carriere importanti. Per me sono stati due anni fondamentali: il primo lo giocai per intero, mentre nel secondo tornai al Milan con Liedholm fino a novembre, per poi tornare alla Reggiana nell'anno in cui facevo il militare. Allora si giocava al Mirabello, uno stadio che aveva il suo fascino: per me sono stati anni importantissimi". Terminato il prestito, Gadda fa ritorno al Milan, all'alba dell'impero berlusconiano: non ne farà parte, ma di rimpianti non ce ne sono: "Non ne sono rimasto deluso, ho sempre avuto la consapevolezza di aver fatto il massimo nella mia carriera da calciatore. Quello che potevo fare l'ho fatto, evidentemente il Milan era troppo per me, ma quelli sono stati anni strepitosi".

A Livorno con Allegri e Protti. Estate 1985: Massimo approda a Livorno, in Serie C1. Una squadra, quella amaranto, che all'epoca annoverava tra le fila due calciatori dal promettente avvenire, quali Massimiliano Allegri e Igor Protti: "Fu anche quella un'annata molto importante. Come capitano avevo Alberto De Rossi, padre di Daniele. Max Allegri era un talento con un'intelligenza calcistica fuori dal comune, mi aveva sempre colpito per la sua professionalità e il suo talento, nonostante avesse solo 17 anni". La stagione si concluderà con un quattordicesimo posto.

Il meraviglioso viaggio ad Ancona. Arriva nel 1986 la svolta professionale per Massimo Gadda, che rimane in C1 passando all'Ancona: un'avventura che durerà otto lunghi anni. Dopo una sofferta salvezza al primo anno, la stagione successiva arriva la promozione in Serie B : "L'inizio non fu semplice, perché l'Ancona aveva costruito una squadra per vincere il campionato, invece ci ritrovammo a conquistare una sofferta salvezza. Il secondo anno siamo partiti a fari spenti, stavo quasi per andarmene, ma da quando cominciai a giocare con continuità davanti alla difesa ho trascorso anni meravigliosi. Ad Ancona, sul piano calcistico, ho provato emozioni incredibili, con due campionati vinti e una finale di Coppa Italia: a questo si aggiunge un fortissimo legame con la città, perché i miei due figli sono nati lì, quindi per me si tratta di una seconda casa. Avevo anche pensato di chiudere lì la carriera alla soglia dei 30 anni, ma non è stato possibile: ad oggi Ancona è stata la tappa più importante della mia carriera calcistica". Indimenticabile quel 7 giugno 1992, quando al Dall'Ara di Bologna, i dorici conquistarono la prima storica promozione in massima serie, davanti ad un esodo di tifosi biancorossi: "Avevamo una buona squadra, ma non pensavamo di riuscire ad andare in Serie A. Poi man mano che passavano le giornate abbiamo preso consapevolezza e fiducia, facendo una cavalcata incredibile con il seguito di tutta la città. La cosa che più mi è rimasta nel cuore è il trasporto con cui Ancona ci seguì quell'anno: avere dodicimila tifosi al seguito il giorno della promozione fu incredibile. Fu un risultato che ci colse tutti di sorpresa, infatti subimmo l'impatto della Serie A". L'immediata retrocessione non scalfì però il rapporto tra la squadra e la tifoseria: "Per gli anconetani fu incredibile affrontare squadre come Juve, Milan, Roma e Inter, che riuscimmo anche a battere 3-0". Si torna così in Serie B, ma le sorprese non sono finite: l'Ancona stupisce ancora tutti e questa volta raggiunge la finale di Coppa Italia, dove è costretta a soccombere sotto i colpi della Sampdoria di Sven-Goran Eriksson: "Quello fu l'anno più difficile, ma forse anche il più bello e il più importante: non era semplice ripartire col gruppo storico, perché ci portavamo ancora dietro le scorie della retrocessione. Invece facemmo un buon campionato, potevamo secondo me ancora lottare per la promozione in A, ma il cammino in Coppa Italia ci tolse qualcosa. L'avventura fu però meravigliosa, perché per una squadra di Serie B arrivare a giocarsi la finale contro la Samp fu unico: non cambierei nulla, però secondo me fu qualcosa che penalizzò il nostro cammino in campionato". Così, nell'estate del 1994, termina dopo otto lunghi anni uno dei binomi più belli del calcio italiano di fine millennio: quello tra l'Ancona e Massimo Gadda.

Gli ultimi anni tra Ravenna e Fano. Lasciata la sua seconda casa, Gadda si inoltra in un mini tour di quattro squadre per la parte finale della sua carriera. Si parte da Ravenna: "Il distacco da Ancona fu traumatico, perché pensavo di chiudere la carriera lì, ma cominciai ad avere qualche acciacco. L'arrivo a Ravenna mi ha però dato nuove motivazioni e disputai tre buone stagioni, vincendo il campionato di Serie C1 e tornando a giocare in B con Novellino allenatore". Chiusa la parentesi ravennate, Massimo resta in Emilia Romagna, scegliendo di sposare prima il progetto del Cesena, poi quello della Spal, dove si conferma specialista di promozioni in cadetteria: "Anche a Cesena vinsi subito il campionato di Serie C e feci una mezza stagione in B. Poi passai alla Spal, altra piazza meravigliosa: potevamo fare di più con la squadra, ma siamo sempre arrivati a ridosso della zona play-off". Si chiude a Fano, in Serie D, dove a 37 anni, Gadda appenderà gli scarpini al chiodo: "Credevo che dopo l'addio all'Ancona avrei vissuto anni difficili, invece andò benissimo, perché vinsi due campionati giocando in piazze importanti".

La carriera da allenatore: a Ravenna con Ferlaino e a Cesena con Castori. È il 2001 quando Massimo Gadda comincia la sua carriera da allenatore al Baracca Lugo, prima di conquistare la promozione in Serie C2 alla guida del Ravenna: un'ottima palestra, in vista della collaborazione triennale con Fabrizio Castori sulla panchina del Cesena: "Ho avuto un inizio positivo, con la vittoria del campionato di Serie D a cui purtroppo ha fatto seguito l'esonero l'anno successivo sotto le gestione di Ferlaino. Ho avuto poi la possibilità di lavorare tre anni con Castori a Cesena in Serie B e di sostituirlo per un po' di tempo a causa della sua squalifica: forse sono rimasto un anno di troppo, non perché non avessi buoni rapporti con lui, anzi, mi trovai benissimo, ma perché il ruolo di vice cominciava ormai a starmi stretto". Seguono diversi anni alla guida di formazioni militanti tra i dilettanti, come Bellaria Igea Marina, Giacomense, Fano, Spal, Imolese e Forlì, l'ultima in ordine di tempo: "A differenza della carriera da calciatore, per quella da allenatore qualche rimpianto ce l'ho, perché quando giocavo tutti mi dicevano che avrei fatto l'allenatore. Sono partito sinceramente con grandi ambizioni e, nonostante abbia avuto le mie soddisfazioni, pensavo di ottenere di più. Credo di non aver raccolto il massimo di quello che speravo". Che progetti ha Massimo Gadda per il futuro? "Vorrei continuare ad allenare, perché ho una grande passione. Mi piace guidare un gruppo, non mi arrendo e spero di avere ancora altre occasioni, perché voglia e motivazioni non mi mancano".