SI RIPRENDE SOLO SE NON C'È PIÙ ALCUN RISCHIO. MA NON ILLUDIAMOCI: L'USCITA DALLA PANDEMIA NON SARÀ IMMEDIATA E BISOGNA PREPARARSI A MANDARE IN SOFFITTA QUESTA STAGIONE. MA SERVE SALVAGUARDARE LE SOCIETÀ E I POSTI DI LAVORO

08.04.2020 00:17 di Tommaso Maschio   vedi letture
SI RIPRENDE SOLO SE NON C'È PIÙ ALCUN RISCHIO. MA NON ILLUDIAMOCI: L'USCITA DALLA PANDEMIA NON SARÀ IMMEDIATA E BISOGNA PREPARARSI A MANDARE IN SOFFITTA QUESTA STAGIONE. MA SERVE SALVAGUARDARE LE SOCIETÀ E I POSTI DI LAVORO
TMW/TuttoC.com

“Si riprende solo se non c'è più alcun rischio”. Questa è una frase, nelle sue varie sfumature, che da ormai diverse settimane sentiamo ripetere all'infinito da giocatori, dirigenti, allenatori e chiunque altro graviti attorno al mondo del calcio. È la frase più gettonata del momento, quella che meglio fotografa l'incertezza e la precarietà del momento che stiamo vivendo. Da un lato c'è la voglia di tornare alla normalità, di tornare in campo e chiudere una stagione che sarà comunque anomala in qualche modo lasciando che sia il campo a dare i suoi verdetti; dall'altro c'è la difficoltà di riuscire a vedere all'orizzonte la normalità e anche la consapevolezza che ci vorranno probabilmente mesi, se non anni, per metterci alle spalle questo virus e le conseguenze che ha portato nella vita di tutti i giorni e non solo nel mondo del calcio.

Uno dei grandi problemi di questo virus è il fatto che la sua diffusione non è stata omogenea: non lo è stata in Italia con le regioni del nord maggiormente colpite e quelle del sud che attendono ancora il picco (nella speranza che non arrivi mai) per le prossime settimane; non lo è stata in Europa con l'Italia che è stata probabilmente la prima colpita (sicuramente quella in cui si è manifestato più apertamente) seguita via via dalle altre nazioni alcune delle quali dicevano che eravamo esagerati nelle nostre chiusure e che invece piano piano si stanno allineando alle disposizioni che ormai conosciamo da un mese a questa parte. Per questo è così difficile prevedere quando non solo il calcio, ma lo sport in generale potrà tornare ad allietarci i giorni.

Solo nella giornata appena passata due sport che sono lontani anni luce dalla Serie C per seguito e potenza economica come NBA e Motomondiale hanno dovuto ammettere di non sapere quando potranno ripartire o iniziare. Il commissioner della lega di basket più importante del mondo ha detto che prima di maggio non si saprà quale sarà il futuro, mettendo le mani avanti sul fatto che una decisione potrà slittare ulteriormente, il patron della Dorna invece si è spinto oltre spiegando che la stagione delle moto potrebbe essere annullata del tutto. E a questo vanno aggiunte le decisioni della UEFA di far slittare di un anno gli Europei, sia al maschile sia al femminile, e del Cio di spostare, per la prima volta nella storia, i Giochi Olimpici di un anno.

Questa pandemia è qualcosa di più grande di noi, su cui non abbiamo alcun controllo. Per questo se da un lato è giusto cercare un modo per ripartire se ce ne sarà l'opportunità, dall'altro è altrettanto giusto pensare che questa stagione sia ormai andata. E trovare le soluzioni adatte, e soprattutto condivise, per salvaguardare le tante società che sono in sofferenza economica, ma anche i lavoratori – dai calciatori, dirigenti, tecnici passando per magazzinieri e sanitari fino ai lavoratori dell'indotto che gravita attorno al sistema calcio – che potrebbero rischiare di restare disoccupati e senza un salario con cui mantenere se stessi e le proprie famiglie. Bisogna superare gli egoismi e le beghe di quartiere, ancora più fuori luogo in un momento tragico come quello attuale, e ragionare per una volta davvero di sistema perché se crolla la base, il vertice non può dormire sonni tranquilli.